Da molti anni la Calabria è luogo di sbarco e di accoglienza di esseri umani costretti a fuggire perché perseguitati o perché vittime di guerre che, improvvisamente, ne sconvolgono le vite.
Ed è per questo che è anche fra le prime regioni d’Italia per numero di persone accolte e per numero di comuni che si sono dimostrati sensibili a tale fenomeno. Ciò proietta la regione e le sue future generazioni verso grandi sfide culturali e sociali che, a seconda di come saranno affrontate, determineranno la qualità dei rapporti umani e le linee di sviluppo dei territori.
Ciò nonostante, la Calabria resta una delle regioni con maggiori criticità del Paese. Ancora oggi si scontano ritardi culturali, produttivi, di legalità e coesione sociale. Ma questo nuovo “ruolo” la pone su un piano di privilegio in termini di possibilità di sperimentazione di nuovi modelli culturali, sociali e produttivi. E la sua posizione geografica, inoltre, ne fa una delle regioni di riferimento, se rapportata a quel luogo reale e simbolico che è oggi il Mediterraneo.
In tal prospettiva, la prima vera sfida che occorrerà affrontare è sicuramente di carattere conoscitivo e culturale. Sarà indispensabile lavorare soprattutto sulle nuove generazioni, affinché siano in grado di affrontare senza pregiudizi le sfide che la attendono. Per questo un festival cinematografico incentrato sul tema dei diritti umani può concorrere a creare un terreno necessario nel quale differenti culture si possano fondere in una nuova, che accomuni ciò che oggi sembra essere tanto distante.
Ma perché farlo con un festival cinematografico?
Nonostante la crisi che ha attraversato negli ultimi decenni, il cinema italiano e internazionale ha conservato il suo fascino e il suo potere comunicativo: ancora oggi resta uno dei mezzi artistici in grado di trasmettere maggiormente emozioni e sentimenti, di parlarci di mondi lontani e sconosciuti, in maniera diversa e più profonda di quanto non facciano credere i più moderni e superficiali social network. Il cinema, invece, ci emoziona, ci fa immedesimare ci fa comprendere le ragioni, i contesti, gli ambienti, ma soprattutto l’umanità troppo spesso ridotta solo a numeri e statistiche.
Ed ecco allora che, in questo contesto, un festival cinematografico sui diritti umani diventa necessario; anzi fondamentale: un tassello indispensabile per scavare fondamenta di future architetture sociali.
Costruire luoghi di confronto fra artisti di differenti nazionalità risponde così a più esigenze: da un lato offre prospettive di confronto e dall’altro da possibilità a giovani registi di poter far conoscere le proprie opere. Perché proprio a causa della dominanza delle logiche economiche che condizionano il cinema odierno tante opere rimango sconosciute ai più. E a risentire dei limiti delle logiche distributive dei prodotti cinematografici sono prevalentemente i documentari o cortometraggi. Generi da proteggere e sostenere per il doppio ruolo che rivestono: di palestra di tanti registi emergenti (e poi affermati) e strumenti di narrazione dell’insindacabile capacità narrativa.